Le rubriche

Piccola Storia della Poesia Italiana

di Mario Macioce

tratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze

 


XXII parte

 Siamo quasi alla fine di questo lungo cammino, iniziato ... nel secolo scorso (nel gennaio del 1999); naturalmente potrei andare avanti per un bel po', citando gli autori contemporanei, ma anche quelli che compaiono nella maggior parte delle antologie sono davvero troppi; manca infatti il filtro del tempo che fa giustizia di tanti fenomeni di moda o di tanti ... raccomandati. E poiché "un bel gioco dura poco", questo è durato fin troppo.

Meglio dunque limitarsi nelle citazioni, precisando che mi sono basato sulle presenze editoriali e un po' su una scelta personale del tutto discutibile.

 
E cominciamo con Carlo Betocchi. Nato a Torino nel 1899, di madre toscana, ha vissuto in varie città e a lungo a Firenze; ufficiale nella I guerra mondiale, lavorò per molti anni come perito in cantieri edili e stradali, ma fu anche tra i fondatori della rivista dell'ermetismo fiorentino "Il Frontespizio" e autore di varie raccolte di poesie; morì nel 1986. Da "Altre poesie" questo quasi sonetto, All'amata :

I fior di oscurità, densi, che odorano
dove tu sei, s'aggirano nell'ombra,
un'altra luce sento che m'inonda
queste pupille che l'ombra violano.

 Quale tu sei, non so; forse t'adorano
le cose antiche in me, tutto circonda
te in un giardino dove i sensi all'ombra
tornano ad uno ad uno che ti sfiorano.

L'esser più soli, e l'aggirarsi dove
tu non sei più, od in remota stanza
dentro al mio petto, quando lento piove

l'amor di te che oltre di te s'avanza,
forse sarà per questo il dir d'amore
più dolce dell'amore che ci stanca.

 

Sandro Penna, nato a Perugia nel 1906, visse a Roma, dove morì nel 1977; omosessuale dichiarato, fece vari mestieri, e scrisse in poesia e in prosa. Da "Poesie":

Mi nasconda la notte e il dolce vento.
Da casa mia cacciato e a te venuto
mio romantico antico fiume lento.

Guardo il cielo e le nuvole e le luci
degli uomini laggiù così lontani
sempre da me. Ed io non so chi voglio
amare ormai se non il mio dolore.

La luna si nasconde e poi riappare
- lenta vicenda inutilmente mossa
sovra il mio capo stanco di guardare.

 

Cesare Pavese nacque in Piemonte, a Santo Stefano Belbo, nel 1908; laureato in lettere, fu traduttore, saggista, narratore e poeta; nel '35 fu mandato al confino. Morì suicida a Torino nel 1950. Da "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi", alcuni versi:

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi -
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
. . . . .

 

Leonardo Sinisgalli, nato a Montemurro (Potenza) nel 1908, morì a Roma nel 1981; laureato in Ingegneria elettronica, visse a Milano dove si occupò di grafica pubblicitaria e fu direttore dell'ufficio pubblicità dell'Olivetti. Pubblicò numerosi libri di poesia e di prosa.

Da "Vidi le muse", questa poesia:

Muore il ragazzo un poco
Ogni giorno per giuoco.
Per giuoco morde invano
Il cavo della mano.
Trascorre le vacanze ebbro
Tra i maceri cespi di papaveri
Steso sul letto per noia
E diletto a guardare le travi.
Ma lo stornano ombre
Solitarie nel cielo della stanza,
Labili ombre passeggere
Sul soffitto. È l'ariete
Che batte ostinato le corna
A capofitto nella quiete.

 

Alfonso Gatto nacque a Salerno nel 1909; fece vari mestieri, visse a Milano e a Firenze, dove con Pratolini diresse la rivista "Campo di Marte", prese parte alla Resistenza; in seguito si stabilì a Roma, dove fu pittore e giornalista; morì a Capalbio nel 1976, per un incidente stradale. Da "Arie e ricordi", Sera di Versilia :

Come il mare deserto stacca il molo
nel cielo puro del tramonto, solo
resta sul tetto di lamiera un fioco
riverbero del giorno. A poco a poco
appassisce nell'aria anche il clamore
monotono d'un grido e nell'odore
largo del vento e della sera stagna
la pineta già d'ombra, la campagna
deserta nei suoi pascoli, nel raro
lume dell'acque. Ora il silenzio è chiaro.
E la notte verrà con l'incantate
terrazze ai balli forti dell'estate,
al novilunio tenero dell'Alpe.

 
e da "Rime di viaggio per la terra dipinta", La luna sul lago :

La luna è lago alla sua bianca rete
nella notte che cielo e terra aperti
nell'aria ne rispirano la quiete.
Ed io penso alla morte per averti.

Sogno di braccia per andar lontano
e stupore di credere che il nulla
congiunto al tutto sillabi la calma,
tu ghirlanda fiorita di fanciulla,
io rozzo pescatore con la mano
che non ti crede morta e che ti culla.

 

Attilio Bertolucci (padre di due noti registi cinematografici) nato a S. Lazzaro (PR) nel 1911, laureato in Lettere, fu insegnante, collaborò a numerose riviste letterarie, diresse una collana editoriale e fece anche il documentarista; morì nel 2000. Fu poeta prevalentemente narrativo. Ecco un brano da "La camera da letto" (romanzo in versi):

Il bambino che va a scuola, a sei anni
muta profondamente la sua vita,
si ferisce di continuo e guarisce
da solo, i ginocchi e i polsi,
prima infatti, fioriscono di croste
che l'aria dei mattini d'inverno
lustra come rubini o come quelle
bacche per cui la siepe è ancora viva
casa e dispensa al passero e ai suoi figli.
Se l'anima gli si lacera, si cura
nascondendosi agli altri e più a chi
sino ad oggi gli ha dato gioia e affanni.
. . . . .

 

E veniamo ad una delle poche, nelle antologie, presenze femminili. Perché poche? Perché erano davvero tali e di non eccelso livello? Perché alcune brillavano di luce riflessa? O perché sono state ingiustamente boicottate? Ai posteri l'ardua sentenza.

Antonia Pozzi nacque a Milano nel 1912 da una famiglia dell'alta borghesia, si laureò in Lettere, frequentò numerosi intellettuali, tra cui Alberto Mondadori, Mario Monicelli e Vittorio Sereni; morì suicida nel 1938. Le sue poesie furono pubblicate postume. Da "Parole", Un'altra sosta :

Appoggiami la testa sulla spalla:
ch'io ti carezzi con un gesto lento,
come se la mia mano accompagnasse
una lunga invisibile gugliata.
Non sul tuo capo solo: su ogni fronte
che dolga di tormento e di stanchezza
scendono queste mie carezze cieche,
come foglie ingiallite d'autunno
in una pozza che riflette il cielo.