| Le rubrichePiccola Storia della Poesia Italianadi Mario Maciocetratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze  X parte L' OTTOCENTO
 Il nuovo secolo si apre con la figura di Ugo Foscolo. Nato a Zante, isola greca del mare Ionio, nel 1778 da padre
	veneziano, fu vicino agli ideali classici, ma soprattutto visse intensamente le vicende tragiche personali (la morte delle 
	persone care, le guerre, l'esilio) e storiche (la fine dell'indipendenza di Venezia dopo mille anni gloriosi); morì presso Londra 
	nel 1827.
 Le forti passioni che lo ispirarono sono evidenti nell'opera teatrale e letteraria (scrisse fra l'altro Le ultime lettere di 
	Jacopo Ortis) e compaiono anche in questi due brani poetici, il sonetto In morte del fratello Giovanni:
 
 
 Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
 di gente in gente, me vedrai seduto
 su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
 il fior de' tuoi gentili anni caduto.
 
 La madre or sol, suo dì tardo traendo,1
 parla di me col tuo cenere muto:
 ma io deluse a voi le palme tendo;
 e se da lunge i miei tetti saluto,
 
 sento gli avversi Numi e le secrete
 cure che al viver tuo furon tempesta,2
 e prego anch'io nel tuo porto quïete.
 
 Questo di tanta speme oggi mi resta!
 Straniere genti, l'ossa mie rendete
 allora al petto della madre mesta.
 
 1  suo dì ... = trascinando la sua tarda età (veramente non era ancora vecchia, ma affranta dal dolore)
 2  sento ... tempesta = sento anch'io il destino avverso e gli affanni segreti che hanno sconvolto la tua 
	vita
 
 
 e alcuni versi da I sepolcri:
 
 . . . . . . . . .
 - Te beata1, gridai, per le felici
 aure pregne di vita, e pe' lavacri
 che da' suoi gioghi a te versa Apennino!
 Lieta dell'aer tuo veste la Luna
 di luce limpidissima i tuoi colli
 per vendemmia festanti, e le convalli
 popolate di case e d'oliveti
 mille di fiori al ciel mandano incensi:2
 e tu prima, Firenze, udivi il carme
 che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,3
 . . . . . . . . .
 
 1  Foscolo si rivolge a Firenze
 2  incensi  = profumi
 3  è Dante, definito ghibellino (anche se fu guelfo di parte bianca) perché durante l'esilio si avvicinò anche al partito 
		imperiale sperando che una vittoria di questo gli permettesse di rientrare nella sua città.
 
 
 Giovanni Berchet, non è una figura di grandissimo rilievo, ma è un tipico esempio di quel Romanticismo italiano, 
	spesso pervaso di ardore patriottico (siamo alla viglilia delle guerre d'indipendenza), di cui furono esponenti fra gli altri 
	Fusinato (A Venezia), Mercantini (La spigolatrice di Sapri), Goffredo Mameli e talvolta lo stesso Manzoni 
	(Marzo 1821; l'Adelchi).
 
 Di Berchet riporto alcuni versi dalla famosissima Il giuramento di Pontida:
 
 
 L'han giurato. Gli ho visti in Pontida
 convenuti dal monte, dal piano.
 L'han giurato; e si strinser la mano
 cittadini di venti città.
 Oh, spettacol di gioia! I lombardi
 son concordi, serrati a una lega.
 Lo straniero al pennon ch'ella spiega
 col suo sangue la tinta darà.1
 
 1  a quell'epoca i Lombardi ce l'avevano con i tedeschi, non con "Roma ladrona".
 
 
 E veniamo ad Alessandro Manzoni, troppo famoso perché ne parli diffusamente (e poi su di lui ci sarebbe da fare
	un romanzo). Ricorderò solo che era nato a Milano nel 1785 dal conte Pietro e da Giulia Beccaria (figlia dell'autore di "Dei 
	delitti e delle pene"); in gioventù giacobino e anticlericale, dopo un lungo travaglio si convertì di nuovo alla religione 
	cattolica; fu autore fecondo in prosa e in poesia; fu nominato senatore a vita; morì a Milano nel 1873.
 E' autore del romanzo I promessi sposi, opera odiata per gli obblighi scolastici, ma capolavoro indiscusso e 
	insuperabile della narrativa italiana. Come esempi della sua poesia riporto un brano da Marzo 1821 (quando Carlo
	Alberto sembrò sul punto di varcare il Ticino e attaccare l'Austria per liberare la Lombardia), uno dal 5 Maggio
	(scritta per la morte di Napoleone) e l'inizio e la fine del coro dall'atto terzo de L' Adelchi, tragedia in versi (il popolo
	s'illude, vedendo i Franchi assalire i Longobardi, che sia arrivato un liberatore, per accorgersi poi di essere servo più di 
	prima).
 
 
 Soffermati sull'arida sponda,
 volti i guardi al varcato Ticino,
 tutti assorti nel novo destino,
 certi in cor dell'antica virtù,
 han giurato: Non fia1 che quest'onda
 scorra più tra due rive straniere:
 non fia1 loco ove sorgan barriere
 tra l'Italia e l'Italia, mai più!
 . . . . . . . .
 (da Marzo 1821)
 
 1  fia = sia
 
 
 . . . . . . . .
 Come sul capo al naufrago
 l'onda s'avvolve e pesa,
 l'onda su cui del misero,
 alta pur dianzi e tesa,
 scorrea la vista a scernere
 prode remote invan;1
 tal su quell'alma il cumulo
 delle memorie scese!
 . . . . . . . .
 (da Il 5 Maggio)
 
 1  scorrea ... invan = la vista scorreva invano cercando di scorgere lontani lidi
 
 
 Dagli atri muscosi, dai fori cadenti,1
 dai boschi, dall'arse fucine stridenti,
 dai solchi bagnati di servo sudor,
 un volgo disperso repente2 si desta;
 intende l'orecchio, solleva la testa
 percosso da novo crescente romor.
 . . . . . . . .
 Il forte si mesce col vinto nemico,
 col novo signore rimane l'antico,
 l'un popolo e l'altro sul collo vi sta.3
 Dividono i servi, dividon gli armenti;
 si posano insieme sui campi cruenti
 d'un volgo disperso che nome non ha.
 (dall' Adelchi)
 
 1  dagli atri, invasi dal muschio, dei palazzi in abbandono e dalle antiche piazze piene di rovine
 2  repente = all'improvviso
 3  sia i vincitori che i vinti (Franchi e Longobardi) opprimono il popolo italiano, incapace di unirsi e di difendersi.
 
 
 Finiamo il capitolo su una nota leggera: la poesia satirica e dialettale di Giuseppe Gioacchino Belli, nato a Roma nel 
	1791 e morto nel 1863. Prese spesso a bersaglio il potere, che allora a Roma era rappresentato dal Papa e dalla gerarchia 
	della Chiesa, ma non avendo la tempra del rivoluzionario, fu sul punto di distruggere i suoi sonetti.
 
 Eccone uno, Er bottegaro:
 
 
 Chi un bucio de bottega qua vò uprì
 Prima de tutto je bisogna annà
 Da Monziggnor Governatore, e là
 Aspettà un anno che je dichi: Sì.
 Finarmente opri; e ecchete de qua
 Monziggnor de la Grascia pe' ssentì
 Si ciai licenza, e quanno, e come, e chi:
 E, visto tutto, te la fa sserrà.
 Rimedi st'antra: e ecchete de sù
 Er Cardinal Vicario pe vedé
 Si è tutto vero quer che dichi tu.
 Quann'è poi tutt'in regola, ch'edè?
 Scappa un editto; e ssenza ditte ppiù
 Te se maggneno er bucio e quer che c'è.
 
 Chi vuole aprire qua un buco di bottega, prima di tutto deve andare da Monsignor Governatore e aspettare un anno che
	gli dica: Sì. Finalmente apri, e ecco il Monsignore dell'Annona (vettovagliamento) per sentire se hai la licenza, e quando, e 
	come, e chi: e, visto tutto, ti fa chiudere. Rimedi quest'altra grana, ed ecco il Cardinal Vicario per vedere se è tutto vero 
	quello che dichiari. Quando poi è tutto in regola, che succede? Viene un editto e senza dirti altro ti mangiano il buco di 
	bottega e quello che c'è dentro.
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