Le rubriche

Piccola Storia della Poesia Italiana

di Mario Macioce

tratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze

 


XV parte

Con Gabriele D'Annunzio - terzo dei Grandi fra i due secoli - si entra a pieno titolo nel Novecento, sia cronologicamente, sia perché autori, movimenti e ardite sperimentazioni della prima metà del XX secolo devono molto a lui. La sua voglia di percorrere strade sempre nuove e compiere innumerevoli esperienze gli fece avviare cammini diversi, proseguiti poi da altri.

Come varia fu l'opera, varia e avventurosa fu la sua vita, le cui vicende - quasi sempre eccessive - darebbero materia a più di un romanzo.

Riassumendo dirò che nacque a Pescara nel 1863, fu per alcuni anni studente a Prato, poi si iscrisse alla facoltà di Lettere di Roma, ma si laureò solo in età matura e "honoris causa".

Condusse una vita tutta "sopra le righe", tra mondanità, donne e duelli, trovando però il tempo di fare il giornalista, il letterato, il militare e anche il politico (e fece il "ribaltone" dai banchi dell'estrema destra a quelli dell'estrema sinistra).

Pubblicò i suoi primi versi a 15 anni, e scrisse molto, in poesia e in prosa, e anche testi teatrali, specialmente durante la sua relazione con Eleonora Duse.

A 35 anni si stabilì in Toscana, e visse da gran signore (senza poterselo permettere) a Settignano, nella villa "La Capponcina", e in Versilia e a Marina di Pisa. Poi però, perseguitato dai creditori, fuggì, per alcuni anni, in Francia.

Nel 1912 rifiutò la cattedra di Letteratura Italiana all'Università di Bologna, che era stata di Carducci e di Pascoli.

Allo scoppio della I guerra mondiale, tornò in Italia e fu uno dei più accesi interventisti. E siccome non era di quelli che dicono "Armiamoci e partite", combatté come volontario su tutti i fronti, passando dalla Cavalleria alla Marina, alla Fanteria e alla nascente Aviazione, e facendo collezione di promozioni e di medaglie. Partecipò, fra l'altro, alla "Beffa di Buccari" (30 uomini su 3 motoscafi armati - i MAS - violarono la munitissima base navale austriaca, silurando una nave da guerra e riuscendo a sfuggire alla rabbiosa reazione del nemico) e guidò il raid aereo (notevolissimo per l'epoca) fino a Vienna, che bombardò ... di manifestini.

Non contento, a guerra finita si ribellò alla "vittoria mutilata": gli alleati, cioè, venendo meno alle promesse fatte all'Italia per attirarla nel conflitto, crearono un nuovo stato "degli Slavi del Sud" (la Jugoslavia), unendo etnie, lingue e religioni diverse, con i risultati che si sono visti nella seconda guerra mondiale e negli ultimi decenni.

D'Annunzio allora, alla testa di una colonna di volontari, occupò Fiume, città abitata da Italiani, perché fosse annessa al nostro Paese; ma poiché l'Italia, per rispettare gli impegni internazionali, reagì militarmente vanificando l'impresa, abbandonò l'attività politica e militare e dal 1921 si ritirò a vivere a Gardone Riviera, nel "Vittoriale degli Italiani" (una sorta di dimora principesca), dove morì nel 1938.


Non è facile fare una panoramica anche sommaria della produzione poetica di D'Annunzio, tante e varie e anche di stile diverso sono le sue opere. Proverò a citare frammenti sparsi, sperando di dare un'idea e, possibilmente, uno stimolo ad altre letture.

Da "Primo Vere" (1879), alcuni versi di Vespro di luglio :

Il cielo pien di nuvole rosse a levante; di contro
un incendio ampio d'oro tra cui si sollevan superbi
co' verdi ombrelli i pini; ne 'l fiume tre vele spiegate
. . . . . .

(versi classicheggianti, contemporanei alle prime Odi Barbare del Carducci).


Da "Canto Novo" (1882) il Canto dell'ospite :

O falce di luna calante
che brilli su l'acque deserte,
o falce d'argento, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
. . . . . .

(quartine uguali, non rimate, formate da coppie di novenari e di doppi senari).


Da "Intermezzo" (1883/84) Ricordo di Ripetta :

E ne l'anima ancor veggovi quale
io da prima vi amai. Alta e pieghevole
passaste, sorridente e luminante,
pe 'l chiaro gelo del mattin iemale.
. . . . . .

(finto sonetto, con le quartine giocate non su due ma su tre rime, di cui una sdrucciola; si noti anche la ricerca di parole insolite).


Da "La chimera" (1890) Il sollazzo (sonetto classico nella forma e classicheggiante nello stile e nel linguaggio):

Io veggo le mie belle in un verziere,
come ne 'l fresco de l'Orcagna, a 'l sole
splendere ghirlandate di viole;
e attender quivi ognuna a 'l suo piacere.
. . . . . .


Da "Odi navali" (1892) A una torpediniera nell'Adriatico (serie di quartine, formate da esametri latini - il primo e il quarto - e versi italiani - un ottonario e un senario):

Naviglio d'acciaio, diritto veloce guizzante
bello come un'arme nuda,
vivo palpitante
come se il metallo un cuore terribile chiuda;
. . . . . .


Da "Poema paradisiaco" (1891-93) la dolcissima Consolazione , inizio e fine:

Non pianger più. Torna il diletto figlio
a la tua casa. E' stanco di mentire.
Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.
. . . . . .

Tutto sarà come al tempo lontano.
L'anima sarà semplice com'era;
e a te verrà, quando vorrai, leggera
come vien l'acqua al cavo della mano.


Da "Elettra" (1899-1902) un frammento di Le città del silenzio :

O Pisa, o Pisa, per la fluviale
melodia che fa sì dolce il tuo riposo
ti loderò come colui che vide
immemore del suo male
fluirti in cuore
il sangue dell'aurore
e la fiamma dei vespri
e il pianto delle stelle adamantino
e il filtro della luna oblivioso.
. . . . . .

(e qui siamo al confine tra polimetro, con rime sparse, e versi liberi)


Infine, tralasciando le ultime raccolte "Merope" e "Asterope" (troppo retoriche), chiudiamo con "Alcyone" (1904) che comprende alcune delle sue poesie più belle, come La sera fiesolana (polimetro rimato) o I pastori ( "Settembre, andiamo. E' tempo di migrare. / ..." ) (strofe di endecasillabi rimati) o La pioggia nel pineto , di cui riporto l'inizio:

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
. . . . . .

Questo è un polimetro rimato, con versi in genere brevi, ma che talvolta risultano dalla spezzatura di un ritmo più lungo, come si vedrà poi in varie poesie di Ungaretti. Per rendersene conto basta dividere così: Taci. / Su le soglie del bosco non odo / parole che dici umane; / ma odo parole più nuove / che parlano gocciole e foglie / lontane.