Le rubriche

 

1 OTTOBRE 2005 - CONVEGNO DI GENOVA

Il SONETTO dal Dolce Stil Novo al Dolce Stile Eterno

8 secoli di successo in tutto il mondo della più italiana delle forme poetiche

di Elena Zucchini

tratto da L'Alfiere, rivista letteraria della "Accademia V.Alfieri" di Firenze

 

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V parte

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IX parte

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V parte

GRAN BRETAGNA

Il sonetto entra nella letteratura inglese in epoca elisabettiana (Elisabetta I 1533-1603) ad opera del poeta THOMAS WYATT (1503-1542) che, di ritorno da un viaggio in Italia, lo adatta alla differente struttura linguistica utilizzando lo schema ABAB CDCD EFEF GG (4 quartine e 1 distico) che soppianta quella italiana. Questa forma fu adottata da WILLIAM SHAKESPEARE (Stratford on Avon, 1564 – 1616). Il grandissimo drammaturgo inglese proprio nei suoi 154 sonetti mostra la sua immagine di delicato poeta lirico e ci apre il suo cuore. Proponiamo 2 sonetti con le belle traduzioni in metrica del genovese Eugenio Montale, premio Nobel per la letteratura nel 1975:

Sonetto 22

My glass shall not persuade me I am old
so long as youth and thou are of one date;
but when in thee time's furrows I behold,
then look I death my days should expiate.

For all that beauty that doth cover thee
is but the seemly raiment of my heart,
which in thy breast doth live, as thine in me:
how can I then be elder than6 thou art?

O, therefore, love, be of thyself so wary
as I, not for myself, but for thee will,
bearing thy heart, which I will keep so chary
as tender nurse her babe from faring ill.

Presume not on thy heart when mine is slain;
thou gav'st me thine, not give back again.

Così tradotto da Montale:

Allo specchio, ancor giovane mi credo
ché Giovinezza e te siete una cosa.
Ma se una ruga sul tuo volto io vedo
saprò che anche per me morte non posa.

Quella beltà che ti ravvolge è ancora
parvenza del mio cuore che nel tuo
alberga – e il tuo nel mio -; e come allora
decidere chi è il vecchio di noi due?

Poni in serbo il tuo cuore, ed io lo stesso
farò di me: del tuo così zelante
come fida nutrice in veglia presso
la cuna, che ogni morbo stia distante.

Spento il mio cuore, invano il tuo riprendere
vorresti: chi l'ha avuto non lo rende.

E come secondo esempio:

Sonetto 48

How careful was I when I took my way
each trifle under truest bars to thrust,
that to my use it might unusèd stay
from hands of falsehood, in sure wards of trust!

But thou, to whom my jewels trifles are,
most worthy comfort, now my grestest grief,
thou best of dearest and mine only care,
art left the prey of every vulgar thief.

Thee have I not locked up in any chest,
save where thou art not, though I feel thou art,
within the gentle closure of my breast,
from whence at pleasure thou mayst come and part;

and even thence thou wilt be stol'n, I fear,
for truth proves thievish for a prize so dear.

reso in questo modo da Eugenio Montale:

Con che animo, partendo, li ho rinchiusi,
i miei ninnoli, e con che serrature,
per trovarli, inusati, al mio solo uso,
da mani d'altri, cupide, al sicuro.

Ma tu che rendi men che nulla questi
gioielli se ti mostri, tu mio primo
conforto e ora mio cruccio, preda resti
d'ogni furfante che ti s'avvicina.

Non ti ho messo in alcuno scrigno, fuori
di quello in cui non sei, ben ch'io senta
qui pure: nell'asilo del mio cuore
dove tu giungi e parti a tuo talento.

Per essermi rubato, poi: se avviene
ch'è ladra anche virtù con un tal bene.

 

Dopo Shakespeare altri poeti utilizzarono il sonetto nella versione elisabettiana, mentre altri preferirono la forma italiana ad esempio MILTON (1608-1674) che per la sua altissima conoscenza e amore per la nostra lingua arrivò a scriverli addirittura in italiano. Mentre WATSON preferì utilizzare la variante francese, il sonet marotique. Dopo il ‘600 l'uso del sonetto declinò fino all'età romantica, quando fu rivalutato da poeti come Coleridge, Shelley e Keats.

(segue)

 

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