Articoli

tratti dalla rivista

 

SCRIVERE POESIA

di Vittoria Zedda

da "Il Dolce Stile Eterno" supplemento de L'Alfiere del Ottobre 2001

" ... passa dall'inferno la beatitudine. Questo è il percorso poetico della mente umana quando vuole toccare il cielo". Cito una frase di Alda Merini intervistata da Dacia Maraini perché esprime il percorso obbligato di chi vuole scrivere una poesia.

Il poeta lavora su una intuizione che vuole esprimere con immagini sempre più appropriate, sempre più nitide, sempre più aderenti all'emozione iniziale.

Il lavoro che si accinge a fare è quello del minatore: l'emozione che prova, la pietra preziosa, è sotto terra, dentro di lui. Il poeta entra nelle gallerie sotterranee del cuore, dei sentimenti, delle emozioni, dei ricordi e libera la sua pietra dalla massa rocciosa, la porta fuori, all'aria: è terrosa, informe, ma è vita palpitante, è un pezzetto della sua anima.

E comincia il lavoro: l'inferno. Scrive, cancella, riscrive; quando riesce a trovare le parole preziose che esprimono interamente, perfettamente, la sua immagine è felice, ma ha trovato solo una faccia del prezioso diamante; le altre sono ancora nascoste e attendono d'essere liberate. ogni faccia poliedrica del diamante deve essere levigata con amore perché la pietra preziosa possa brillare interamente, quasi di luce propria.

Le immagini, come le varie facce del diamante, devono poter convergere in un'intima connessione armonica.

Quando sono tutte pulite, levigate, quando armonia, ritmo ed emozioni si intrecciano in un solo incantesimo, solo allora la poesia è una perla scintillante che rimbalza da un cuore all'altro. Il poeta ci fa penetrare all'interno delle sue immagini poetiche attraverso un percorso inusuale, tenendo un lume in mano. Ci guida e possiamo abbandonarci al fiume delle emozioni che ha saputo creare.

Così nasce la commozione: siamo immersi anche noi in quell'acqua e ci abbeveriamo, ci ricreiamo, ci rigeneriamo. Se leggiamo o ascoltiamo una poesia, l'emozione del poeta è già dentro di noi, già fa parte del tessuto della nostra anima. Ci parla con voce suadente e noi risuoniamo come le tante corde del Sitar, per simpatia, quando una sola di esse è sfiorata.

Siamo immersi nell'atmosfera che il poeta ha saputo creare. La sua poesia non è più soltanto sua, è di tutti coloro che riescono a calarsi dentro le emozioni descritte sapientemente. Adesso non c'è più traccia del duro lavoro fatto: ciò che rimane è pioggia d'arcobaleno che rinnova la vita. E' toccare il cielo. E' la beatitudine dopo l'inferno.

Vittoria Zedda