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TUTTI SCRIVONO POESIE E NESSUNO LE LEGGE...

(divagazioni sul concetto di "verso libero" e "libertà")

di Dalmazio Masini

da "Il Dolce Stile Eterno" supplemento de L'Alfiere del novembre 2000

Non ditemi che continuo a ripetere sempre le stesse cose perché oggi, titolando questa apertura di giornale, ho solo riproposto lo slogan dell'inchiesta estiva di uno dei più diffusi quotidiani italiani, "Il Messaggero", che ha sviluppato in varie puntate una ricerca sul mondo dei "poeti" e della "poesia", troppo spesso due mondi lontanissimi tra loro, almeno nella quotidianità, ribadita poi anche dalle partecipazioni ai tanti concorsi letterari dove arrivano centinaia di adesioni di (chiamati) poeti, e poche o nessuna poesia.

E su "Il Messaggero" sono emerse tante verità che da questo e da altri più modesti pulpiti io ho tentato di evidenziare da almeno un paio di decenni.

"Tutti scrivono poesie" perché, non diciamo per tutti, ma sicuramente per troppi, la poesia rappresenta la più facile forma d'arte che riescono a produrre, illudendosi che la gente possa considerarli dei "veri poeti" solo perché spezzettano in righi di 3 o 4 parole ciascuno dei banali, se non proprio stupidi, pensierini.

"Nessuno le legge" (le poesie) proprio perché tutti le scrivono credendo di essere ognuno il più bravo (il boom dei premi letterari si basa proprio su questa illusione: anche l'autore che invia testi pieni di errori grammaticali pretende di aver scritto l'opera che doveva vincere il primo premio) ma nel proprio inconscio ognuno cova la consapevolezza che la sua "bravura" non ha prodotto che banali pensierini. E se lui che è così bravo ha dato vita a tanta pochezza, perché mai dovrebbe perder tempo a leggere le pochezze degli altri che ai suoi occhi appaiono tutti meno bravi? In compenso questa pessima letteratura, proprio perché pessima ha dato vita a un mercato editoriale di dimensioni imprevedibili. Tutti scrivono poesie, tutti le vogliono stampare (a proprie spese presso piccoli editori che traggono l'utile economico vendendo esclusivamente all'autore tutti i volumi stampati) e tutti le vogliono regalare ai loro amici. Amici che quando ricevono il libro fanno un sacco di complimenti all'autore, ma che il giorno dopo, quasi senza sfogliare detto libro, lo infilano nella pattumiera, ripetendo il gesto che in precedenza aveva già fatto tante volte anche quell'autore ricevendo in omaggio libri da "colleghi". Così facendo le 300 o 500 copie stampate si esauriscono nel giro di poche settimane ma, macerata l'ultima copia, l'autore è già pronto con un'altra "opera" nuova di zecca (c'è chi scrive anche 3 o 4 "poesie" al giorno!) che, se ha i soldi da sprecare, metterà subito in stampa rinnovando questa assurda catena.

E dall'inchiesta de "Il Messaggero" ho potuto rilevare che le ragioni di questa "miseria culturale" sono da attribuirsi in gran parte alla moda novecentista del "verso libero" che riducendo a "frase" il concetto di "verso" ha aggirato una delle difficoltà della elaborazione poetica (Ma quanti anni sono che dico queste cose?) - bene però che oggi comincino a dirlo anche altri e in questa ottica sono ancor più orgoglioso per la fatica fatta per mettere in moto il "Laboratorio di Poesia di Piazza dei Ciompi" e si amplifica la mia gratitudine verso coloro che in questi ultimi anni hanno dato un apporto decisivo alla sua continuazione.

Eppure nonostante che la verità sia ormai evidente con il fallimento della moda del "verso libero" che ha spento la bellezza musicale della poesia, ancora oggi incontro i soliti "presuntuosi grandi poeti" che sostengono la loro scelta di scrivere in "versi liberi" con la necessità di essere in grado di produrre opere veramente "libere" e non vincolate da regole e forme che potrebbero danneggiarne la spontaneità. Ed io so bene che più del 90% delle persone che rispondono così, in realtà neppure conoscono il significato della parola "libertà". Libertà per me è la possibilità di operare scelte e comportarmi senza, o con minime, limitazioni e costrizioni. Io pertanto mi considero un "poeta libero" perché avendo maturato la capacità di esprimermi (abbastanza bene) in varie forme e sapendo destreggiarmi con le varie regole dell'arte poetica, posso di volta in volta decidere ciò che ritengo più giusto. Nessuna libertà di espressione posso invece vedere in quei "liberi poeti" che, non conoscendo le regole della grammatica poetica e non capaci di armoniosamente legare con rime e altri strumenti i loro versi, non possono fare altro che spezzettare frasi allineandole alla rinfusa in un prodotto che, dopo qualche tempo, sono essi stessi i primi a cestinare e dimenticare per sempre.

 

Dalmazio Masini