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L'OTTAVA RIMA NELLA TRADIZIONE POPOLARE E L'ARTE DEI "POETI A BRACCIO"

di Gioia Guarducci

da "Il Dolce Stile Eterno" supplemento de L'Alfiere di Giugno e Ottobre 2004


La tradizione della poesia in ottava rima, cantata "a braccio", nasce all'interno del mondo pastorale e contadino, nelle veglie intorno al camino d'inverno e la sera sull'aia d'estate , seguendo la metrica delle ottave epiche dell'Ariosto e del Tasso (molti un tempo, magari analfabeti, sapevano a memoria canti dell ' Orlando furioso e della Gerusalemme liberata !) . I giovani avevano modo così di imparare facilmente e la trasmissione orale avveniva in maniera spontanea.

Il “cantare improvvisando” ha consentito anche alle persone con scarsa scolarizzazione di esprimersi con creatività e di essere conosciuti nell'ambito della comunità dove sono vissuti. U n tempo non era difficile incontrare nelle campagne qualcuno che avesse il dono naturale di "cantare a braccio", o "cantare di poesia" per usare un'espressione più comune in Toscana. Fino a non molti anni fa si usava distinguere fra il "cantar di scrittura" e il "cantar di bernesco", ossia fra il cantare poesie di altri autori e il vero e proprio canto d'improvvisazione.

Si ricorda, nei secoli addietro, Gian Domenico Peri [1564-1639 Arcidosso (GR)] "nato poverissimo tra le mandre e i rusticani esercizi imparò solamente a leggere e scrivere”.

Questo poeta ci ha lasciato una notevole produzione di poemi in ottava rima.

Riportiamo di lui i seguenti versi:

Felicissimo monte, ove natura
col ciel concorde ogni sua grazia pose,
lieta e dolce stagion, ch'a l'amorose
alme dà vita, e luce eterna e pura;
Bene a te larga fu l'eterna cura
in darti tante doti altrui nascose,
raro pregio dei monti, in cui ripose
l'uman diletto ogni più nobil cura.
Splenda in te dunque il ciel chiaro e lucente
d'ogni stagion, né mai nembi e procelle
turbino il ciel del tuo liet' oriente
.

Fra i poeti dell'Ottocento troviamo anche una donna, Beatrice Bugelli [nata al Cornio, sopra Cutigliano, nel 1802 e morta a Pian degli Ontani (PT) nel 1885]. Questa era una pastora analfabeta, che fin da piccola si dice passasse ore a cantare storie in versi, imparate a memoria. Questi due suoi versi: " La montagna l'è stata a noi maestra, la natura ci venne a nutricare… " .

A venti anni, nel giorno del suo matrimonio, pare iniziasse ad improvvisare canti e da allora venne chiamata a cantare ai matrimoni e in altre feste per tutta la montagna pistoiese.
I canti di Beatrice erano brevi poesie popolari, “rispetti” e “strambotti” e “ottave di endecasillabi” cantate sull'aria di un semplice motivo.

Niccolò Tommaseo, nella sua raccolta intitolata " Canti popolari toscani, corsi, illirici, greci", ci parla del suo incontro con lei: “ A Cutigliano ho trovato ricca vena di canzoni che non ho in un sol giorno potuto esaurire. Feci venire di Pian degli Ontani una Beatrice moglie di un pastore, che bada anch'essa alle pecore, che non sa leggere, ma che improvvisa ottave con facilità senza sgarar verso quasi mai ”.

Nell'Ottocento vi sono stati altri poeti estemporanei che hanno lasciato traccia della loro produzione.

In alcuni casi le loro ottave sono state tramandate oralmente, come è successo a “ La Pia de' Tolomei ” di un improvvisatore illetterato, Giuseppe Moroni, detto il Niccheri.

Sono suoi i seguenti versi:

“Nello mio caro amor sono innocente
tradita da un'insana empia follia.
Sono accusata a torto falsamente
di aver tradito te, anima mia.
Spero tu voglia credere al mio amore,
non credere a quel folle, abbine cuore.
Sempre vivo per te, unico bene,
risparmia me da tutte queste pene.”

 

Una rappresentazione popolare, antica forma di teatro contadino, nella forma metrica delle ottave incatenate e cantate, è il “Bruscello” (da “arboscello”, cioè: ramo carico di frutti, fiori, nastri e campanelli che viene piantato sul luogo della rappresentazione), tipica rappresentazione del contado toscano, specialmente del Senese, che viene ancora eseguita a Carnevale e talvolta in Quaresima.

Un attore canta il prologo su un motivo ripetuto, monotono e di volta in volta l'attore che recita viene sul proscenio. Il testo era ed è tuttora molto vario: racconti tratti dalla bibbia, dalla storia romana, leggende cavalleresche o storie locali, vita di santi; è generalmente in ottave di endecasillabi. Fra i canti dei personaggi, intorno al bruscello vi sono danze al suono di un'orchestra, fatta di pochi strumenti a fiato, a percussione, talora con la presenza anche di fisarmonica o violino.

Anche le fiere, i matrimoni, il ritrovarsi in osteria, le ricorrenze religiose o civili (“Maggi”, “Befanate”) in genere sono sempre state occasione di incontro per i rimatori, che hanno rappresentato non solo il pensiero, i sentimenti, le rivendicazioni, ma anche la saggezza, la semplicità e la spontaneità popolare. Gli autori delle rime appartengono a quello stesso ambiente contadino o popolare a cui lo spettacolo è dedicato.

Uno dei principi a cui i "Maggi" tradizionalmente si ispiravano era la vittoria del bene sul male, simboleggiati da personaggi come “Cristiani-Saraceni”, ”Estate-Inverno”, “Quiete-Tempesta” . E ra una gara tra i giovani portare il “Maggio” (ramo fiorito) più bello per conquistare il cuore della fanciulla amata:

“… torna maggio e ramoscelli e suoni
van gli amanti recando alle fanciulle…”

(G. Leopardi, Le Ricordanze)

(Centro ideale e materiale della festa di Calendimaggio era il "maggio", cioè l'albero in fiore, nel quale le popolazioni rurali vedevano il simbolo del potere generativo della natura. Col tempo l'albero si è mutato in nudo palo, in cima al quale vengono appesi nastri e doni ed è diventato l'albero "della cuccagna", che ancora troviamo nelle feste di paese.)

Per quanto riguarda la forma poetica i Maggi sono composti sia da ottave che da quartine di ottonari o di settenari. Per la parte musicale, il "Maggio" si snoda su una melodia unica. È importante ricordare che ai poeti competeva, ad esempio nella rappresentazione del "Maggio", di improvvisare le ottave del “permesso” o i “ringraziamenti” per la famiglia visitata (naturalmente era preferibile la presenza del poeta stesso, in mancanza di questo venivano però usate ottave scritte per l'occasione e memorizzate).

Nelle Befanate, ancora in uso ai tempi nostri, gruppi festosi di uomini con strani abiti improvvisati recitano e cantano anche le parti femminili e si esibiscono accompagnati dalle note di una fisarmonica.

Per tradizione la notte della vigilia dell' Epifania, andando per il paese di casa in casa ripropongono l'antico canto di questua, in cambio di fichi secchi, mele, arance, castagne secche, noci. La visita si conclude con la bevuta di un buon bicchier di vino.

Nella tradizione dell'ottava predominava il genere satirico, ma non mancava quello serio. I temi erano svariati: religioso, familiare, amoroso, burlesco, sociale, di cronaca e di politica.

In Toscana - e in particolare in Maremma - questa forma d'arte ha trovato un terreno fertile prima nel mondo pastorale e contadino, poi in quello operaio rappresentando spesso una forma di riscatto e di opposizione politica.

Oggi tale arte sopravvive grazie alla disponibilità di piccoli gruppi di appassionati. L'ottava rima viene ancora oggi usata per sfide tra rimatori estemporanei.

I contrasti poetici si svolgono ancora perlopiù in occasione di sagre, fiere e feste popolari.

 

Le ottave incatenate, recitate con un ritmo musicale cantilenante, tipico degli improvvisatori di piazza, conservano la struttura metrico-ritmica di otto versi endecasillabi, composta da sei versi a rima alternata ( A-B-A-B-A-B ) e gli ultimi due a rima baciata ( C-C ).

A proposito dell'ottava rima Vasco Cai di Bientina (PI), un poeta a braccio del '900, diceva:

"…abbia pure la sua trasformazione
come la vuole la moderna usanza,
ma se si definisce ottava rima
ha sempre la sua forma come prima"

ed anche:

"Guarda il poeta è l'ambulante scuola
che talor può dettar filosofia
la melodia di questi versi vive
e forse conta più di chi la scrive"

In questi incontri di rima e canto, poeti in ottava rima si misurano davanti a numeroso pubblico e si lanciano sfide, cantando i loro versi endecasillabi improvvisati.

Per rendere più divertenti le competizioni, sono trattati i temi “a contrasto” (dove un poeta deve vantare quello che l'altro deve denigrare ), una volta gli argomenti erano : “suocera - nuora”, "padrone - contadino", " prete - contadino”, “pastore - impiegato”, ecc., oggi si preferisce assegnare temi più moderni come "la zappa e il computer", "il cacciatore e l' ambientalista", "il nuovo e il vecchio secolo" o anche gli attuali personaggi politici, ovviamente di partiti avversi.

Due ottave di un “Contrasto fra un Padrone e un Contadino”

Padrone:
Oggi questi imbecilli di coloni
son diventati proprio impertinenti
ce l'hanno presa a morte coi padroni
e minacciar da parte lor ti senti.
Più non portano l'uova coi capponi
e più non si dimostran riverenti
rimpiango sempre quel tempo remoto
quando ognun si mostrava a noi devoto.

Contadino:
Vengo signor Padrone a farle noto
che anch'io sono cristiano in questo mondo
per lei lavoro e sono sempre in moto
e a tutti i miei doveri corrispondo.
A nessuno però non resta noto
che mi abbandona misero nel mondo,
se lavoro ho diritto anch'io alla vita
bisogna regolar questa partita.

Un ruolo importantissimo in queste tenzoni poetiche è assunto dalla rima, poiché vige l'obbligo di iniziare ogni ottava con la rima del verso conclusivo dell'ottava precedente (ottave incatenate), ciò comporta un'estrema difficoltà perché non c'è che un tempo assai ristretto a disposizione per poter inventare l'ottava di risposta, e inoltre bisogna cercare di passare come "testimone" all'avversario una rima più difficile per metterlo in difficoltà.

L'alternarsi delle parti consente ai cantori di rispondersi l'un l'altro, fino alla battuta finale.

Leggiamo, a mo' d'esempio, l'inizio di un contrasto sul tema: “Maggioranza – Opposizione”, tenutosi in Toscana tra i poeti Vasco Cai e Nello Landi, nel 1972:

  1) - Per mantenere un po' po' d' usanza
 in campo tornerem dopo un riposo
 qui chiedeva una certa circostanza,
 ma ora il pubblico appar desideroso
 di udir l'opposizione e maggioranza
 sebbene il passo alquanto faticoso,
 però qualcosa gli dobbiamo offrire
 e del tutto adoprar l'arte del dire.

2) -  E ci vorrà senz'altro compatire
 se in questo canto commettiamo errori
 difficile è così l'arte del dire
 se poi nell'improvviso viene fuori
 torniamo al tema e ci dobbiam capire
 io dico a questi nobili signori:
 stasera sosterrò la mia versione
 in quella parte dell'opposizione.

 

Ecco un'altra ottava di avvio cantata dal Cai sul tema "La donna mora e la bionda":

"Or che la mezzanotte è già passata
ma se vogliono un altro quarto d'ora
non sarà la fatica risparmiata
e la bionda ci chiedono e la mora
a te la scelta della donna amata
a te la donna che più t'innamora
quando si tratta di quel dolce sesso
per me sia bionda o mora fa lo stesso."

 

Ed ancora in una sfida a braccio del 1979 ad Anguillara Sabazia (Lazio), questo è l'avvio dei poeti Giulio Recchia e Francesco Vicenti:

All'Anguillara nun c'ero mai stato,
ma m'è piaciuto tanto 'sto paese
ogni persona sai tanto educato
così gentile, affabile e cortese;
per questo il mio saluto vi ho portato
senza a nessuno fa paga' le spese,
proprio per questo amici son venuto
da Veiano a portarvi il mio saluto.

Anch'io venni a dar mio contributo
e un contributo mio lo do co' il cuore,
questo paese sempre mi è piaciuto
che per la vita ce farò l'amore;
amici cari tanti ho conosciuto
gente 'ssai onesta e piena di calore,
un saluto vi porto da Bassano
di questo posto sai non è lontano.

 

Nella passione della gara delle cosiddette “ ottave a contrasto” , l a bravura del rimatore consiste nel riuscire a chiudere l'ottava, dando al rivale un aggancio impossibile per concludere così definitivamente in maniera ironica ed esaustiva.

La difficoltà sta proprio nell'improvvisazione che obbliga i concorrenti a comporre otto versi nel giro di pochi secondi, seguendo il tema assegnato con le strette regole della costruzione metrica dell'ottava incatenata. Questi poeti debbono possedere sorprendenti abilità, poiché costruiscono le strofe con grande rapidità facendo ricorso solo alla loro creatività e alla loro fantasia.

Ancora oggi possiamo assistere a queste sfide, in Toscana, tra le altre a Ribolla, a Roccastrada, a Pomonte, a Scansano; nel Lazio a Tolfa, ad Anguillara Sabazia e a Bacugno e, in Abruzzo, a Borbona.

 

Ricordo, per concludere, che l'argomento del contrasto (detto "passo") non è preparato in anticipo, ma è suggerito dal pubblico e, trascritto su biglietti, viene scelto a caso dai poeti.

In un recente bando per un agone di poesia “a braccio” pubblicato a Grosseto si legge: “…il pubblico potrà dare i temi su cui i poeti improvviseranno; questi ultimi si alterneranno nell'improvvisazione, cercando di non lasciar mai cadere la rima per 24 ore consecutive ”.

Chi se la sente di partecipare …… si faccia avanti!

 

Gioia Guarducci